Premessa: con la presente intendo fare il punto su alcune
novità che riguardano gli scambi di beni e di servizi tra operatori residenti
in Stati diversi (es. Italia – Unione Europea, o anche Italia – Stati extra
U.E.).
Come sempre, quanto segue potrà non interessare tutti coloro
ai quali invio questa circolare, anche se potrebbe presentarsi in futuro
l’opportunità di conoscere quanto qui esposto. Per esempio, non tutti sanno che
l’acquisto di software su un sito estero, o di biglietti da visita attraverso
un sito olandese (Vistaprint), o di un computer su Dell, o Pixmania,
rappresentano operazioni con l’estero, o operazioni Intra UE.
Chiarimenti sulla terminologia utilizzata:
operazioni con l’estero, o extra-UE: si intendono quelle
fuori dalla UE (U.S.A, Giappone, ecc.. , ma anche Svizzera)
operazioni intra-UE: operazioni che intervengono tra due o
più operatori aventi residenza in stati diversi dell’Unione Europea
soggetto passivo (ai fini IVA): un operatore economico identificato
con numero di partita IVA (per gli inglesi VAT, ecc.)
B2B (business to business) : operazioni tra soggetti passivi
(operatori economici)
B2C (business to consumer): operazioni dove l’acquirente è
un privato consumatore
Dal 1993, con l’abolizione delle dogane tra i paesi aderenti
alla UE, gli scambi di merce non sono più stati considerati esportazioni o
importazioni, non necessitano più del controllo fisico alle dogane, vengono
fatturati senza applicazione dell’IVA (se B2B) e comportano l’obbligo di essere
dichiarati nei “modelli Intra” o Intrastat, che devono essere presentati sia
dall’acquirente che dal venditore. La periodicità della presentazione dei
modelli Intra, fino al 2009, poteva essere mensile, trimestrale o annuale,
secondo il volume degli scambi.
Cosa cambia dal 2010 ?
Nulla per quanto riguarda le merci, ma molto per ciò che
concerne i servizi (generici o specifici come i trasporti, le prestazioni
professionali, le intermediazioni, ecc.).
Una delle novità più rilevanti è che dal 2010 anche gli
acquisti, o l’effettuazione, dei servizi intra-UE deve essere dichiarata nei
modelli Intrastat (per 17 anni riservati alle sole merci), e che la
presentazione di detti modelli non potrà più prevedere la periodicità annuale,
quindi solo trimestrale o mensile (per acquisti o cessioni intra-UE superiori a
50.000 euro l’anno).
Le prestazioni di servizi effettuate nei confronti di
soggetti passivi residenti nella UE (B2B) fino al 2009 erano “non imponibili”,
dal 2010 sono “non soggette ad IVA” ai sensi dell’art. 7-ter del decreto IVA
(D.P.R. 633/1972). Permane l’obbligo di fatturazione (con tutti gli elementi
previsti) ma senza indicazione dell’IVA, sostituita dalla dicitura “non
soggetta ad imposta ai sensi dell’art. 7-ter, D.P.R. 633/1972”. La differenza
tra non imponibile e non soggetta è sottile e non interessa tutti (ma gli
esportatori abituali avranno un po’ meno plafond per acquistare nel proprio
Stato con dichiarazione d’intento).
Ai fini di una corretta gestione delle nuove norme risulta
fondamentale il possesso del numero identificativo Iva (o VAT, ecc..)
attribuito dallo Stato membro del committente (numero che deve essere indicato
in fattura) in quanto qualifica il committente come soggetto passivo; se al
contrario il committente non residente fosse un privato, l’operazione
diverrebbe soggetta ad Iva in Italia (operazioni B2C per le quali la regola
generale prevede l’assoggettamento ad Iva nel Paese del prestatore).
Dal momento che per le prestazioni soggette alla regola
generale, il luogo della tassazione dipende dal fatto che il cliente sia o non
sia un “soggetto passivo”, la maggiore difficoltà per gli operatori nazionali
sarà quella di stabilire lo status del committente nel Paese ove lo stesso è
stabilito, per giustificare il non assoggettamento ad Iva di un determinato
servizio reso.
Secondo il regolamento approvato a Bruxelles il 17/12/2009,
se il cliente è stabilito all’interno della Comunità europea come soggetto
passivo, sarebbe sufficiente acquisire il numero di identificazione Iva,
verificandone la correttezza tramite il sistema Vies (http://www1.agenziaentrate.it/servizi/vies/vies.htm
) o in base a una certificazione fornita da un’autorità fiscale estera (più semplice
la prima).
Invece, se il cliente è stabilito fuori della UE in qualità
di soggetto passivo, la prova potrebbe essere più difficile. Sicuramente si può
ritenere in buona fede il prestatore che abbia ottenuto un certificato emesso
dalle autorità fiscali del Paese estero. In alternativa si può avere una
richiesta o una conferma d’ordine del cliente che contenga l’indirizzo
dell’attività di quest’ultimo e un suo numero di registrazione, oppure aver
avuto prova, dal sito internet del cliente, dell’esercizio di un’attività
economica (è il caso di fare delle stampe). In altre parole, provare di aver
agito in buona fede e con un ragionevole livello di accuratezza.
Quando invece siamo noi che acquistiamo all’estero, o
intra-UE, beni o servizi inerenti la nostra attività economica, dobbiamo
identificarci al nostro prestatore con il numero a noi attribuito ai fini Iva,
preceduto dal codice IT (es. IT-01510306085), riceveremo fattura senza IVA, che
dovrà essere integrata in sede di registrazione contabile con il sistema del
reverse-charge (in pratica l’operazione è rilevante IVA in Italia e viene
registrata sia a debito che a credito, per cui viene assolta “virtualmente”) e
dichiarata nel modello Intrastat.
Alla norma generale per le prestazioni di servizi sopra delineata,
si affiancano numerose deroghe.
Ecco le principali:
per i beni immobili (prestazioni di perizie, agenzia,
locazioni) si applica l’Iva italiana solo se l’immobile è situato in Italia;
regole speciali sono previste per il trasporto di persone;
per i servizi di ristorazione e catering rese a bordo di navi, aerei e treni;
per servizi culturali, scientifici, artistici, sportivi e simili.
Per casi particolari che dovessero verificarsi è meglio
chiedere prima che dopo aver eseguito l’operazione.